Teo Musso, l’energia e l’Open Baladin Torino

Otto mesi fa apriva a Torino Open Baladin, il terzo locale di Teo Musso – dopo Cinzano e Roma – dedicato alla conoscenza della birra artigianale. Una quarantina di spine, un centinaio di etichette nazionali, una selezione di birre straniere e un menù in costante evoluzione (fatto, tra l’altro, di hamburger di qualità, le immancabili “fatate” e gli “arrotolati” con pane tipo pita): questi gli ingredienti di un successo dichiarato dal primo giorno di apertura, che a Torino ha già fatto storia.

Lo testimonia il locale, che è sempre pieno, ma anche il richiamo di eventi come l’Open Fest che a fine agosto scorso ha portato nel centro cittadino migliaia di persone incuriosite da questo fenomeno brassicolo che ormai da anni sta scrivendo una cultura tutta italiana.

E se oggi il Piemonte è la seconda regione del nostro Paese con più microbirrifici, è a Teo Musso che va riconosciuto il merito di essere stato il pioniere in questo settore quando, vent’anni fa, per gran parte dei consumatori la birra era solo quella in lattina.

Teo_Musso_#3_foto_by_Tino_Gerbaldo
Teo Musso

“Sono riuscito – commenta Teo Musso – a fare tutto quello che avevo in testa per promuovere la conoscenza della birra artigianale italiana tra il grande pubblico e la risposta di Open Torino e del nostro evento estivo (che diventerà un appuntamento annuale) sono assolutamente positive, forse addirittura oltre quello che mi aspettavo. Volevo che la città tornasse ad essere la capitale della birra artigianale, riportando in auge il suo fermento legato alle vecchie generazioni e devo ammettere che sono davvero contento di come Torino e i torinesi stiano rispondendo”.

Il merito va a un settore che si rinnova giorno dopo giorno, che sperimenta, che si contamina, che non ha paura del confronto e che riesce a scrivere la sua storia libero dalle “costrizioni” di una tradizione che è troppo recente per poter dettare le regole.

E così la birra artigianale italiana conquista il grande pubblico attraverso un fenomeno in costante crescita: “Oggi il mondo della birra – dichiara sempre Teo Musso – vive un periodo di grande creatività e fermento, ma non bisogna dimenticare che non è sempre tutto facile come sembra. Anche in questo settore dobbiamo ancora migliorare, imparando a essere più professionali nella parte produttiva e più competenti nei confronti del consumatore finale a cui dobbiamo trasmettere una cultura della birra capace di aiutarlo a riconoscere i prodotti di qualità. C’è ancora grande spazio per nuovi progetti – prosegue Musso – ma dal mio punto di vista occorre che siano sempre più concreti: se iniziassi adesso questo lavoro comincerei a concentrarmi su una sola tipologia di birra, arrivando al massimo per quel prodotto, invece di disperdere le mie energie su troppe proposte”.

Ma cosa ti contamina quando pensi a una nuova birra? È l’energia di cui tu parli spesso? “Sicuramente l’entusiasmo positivo di un nuovo inizio corrisponde al momento in cui l’energia è tanta. Quando si crea c’è una luce che va al di là di tutto, ti fa andare in direzioni particolari dettate dal cuore, dall’istinto. L’energia è un’essenza che si crea attraverso sensazioni che vanno al di là di ciò che è dichiaratamente descrivibile. È un insieme di sensazioni, di contaminazioni, di incontri con persone che insieme, per qualche motivo, alimentano idee, emozioni. E il “movimento” della birra artigianale italiana oggi è carico di energia, di fermento, lo si vede non solo dalla produzioni artigianali ma anche dalla grande risposta che il pubblico, anno dopo anno, ci sta fornendo”.

Ed è frutto di questa irrefrenabile positività anche la nuova sfida che Teo Musso sta portando avanti a Piozzo: la creazione di un nuovo birrificio capace di rappresentare la sintesi del lavoro di questi diciotto anni, avvicinando il rapporto tra la terra e il prodotto birra che è cominciato alcuni anni fa con la produzione delle materie prime di questa “filiera di energia” chiamata Baldin. “Noi oggi – spiega Teo Musso – produciamo l’85 per cento delle nostre materie prime (cereali, malto, orzo da malto), coltiviamo già circa 200 ettari di terreno e abbiamo aperto il primo centro di ricerca italiano sul luppolo per capire la produzione nazionale. Sono i primi passi di un cammino sempre più vicino fatto di una produzione totalmente Made in Italy”.

 

 

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