Dalla bagna càuda al sushi. Storia della Torino gastronomica

Maggio 2023. Eccomi qui con il mio quinto libro. Questa volta (la prima) interamente dedicato non solo alla mia città, ma a ciò che più amo nella vita: il cibo. Insomma, per me, un binomio perfetto. Il libro rappresenta il tentativo di unire i puntini di una storia (gastronomica) lunga secoli e capace di tracciare una delle identità più forti non solo di una regione, ma di una città italiana. Torino è orgoglio contadino e cucina di corte, piatti borghesi, gastronomie, pizze al tegamino, dolci, cioccolato e mignon, specialità internazionali. Torino ha sempre saputo, nei secoli, accogliere il nuovo, adattarsi ai cambiamenti (anche culinari) e prendere, trasformando in “coscienza ristorativa”, ciò che di buono ogni influenza e ogni flusso migratorio ha portato in città. Il libro, scritto a sei mani, insieme a Federica Giuliani e a Giorgio Pugnetti che si sono occupati rispettivamente delle cucine internazionali e delle gastronomie (io ho seguito la parte ristorativa “tradizionale”) spiega proprio questo: il tessuto sociale gastronomico (orgogliosamente e facilmente riconoscibile) che fa parte dell’identità cittadina, e che racconta la Torino di oggi, costruita, indiscutibilmente, dalle tavole degli anni e dei secoli che ci hanno preceduto. Solo su basi così solide poteva formarsi la Torino gastronomica attuale e, in questo, il nostro essere sabaudi fino al midollo ci ha sicuramente aiutato.

Questa la mia introduzione al volume edito da Graphot Editrice

La cucina è cultura. È storia, tradizione, società, regole, usanze, ingredienti, amore. Racconta di un popolo, di un luogo: è lo specchio reale di chi siamo e di cosa eravamo. Ed è da qui che nasce l’idea di questo libro: un viaggio per raccontare la Torino gastronomica di oggi, frutto di un passato e di un presente che guarda al futuro. 

La Torino del cibo è strettamente connessa al Piemonte del cibo: dalla cucina contadina a quella del popolo, da quella reale a quella nobile e borghese, da quella delle migrazioni italiane (toscane, venete, del sud Italia) a quelle straniere (dalla cinese alla palestinese) la cucina torinese è un mix di tutto questo. Un melting pot culinario molto radicato, fedele alle sue origini, ma capace di adattarsi a “nuovi” prodotti (pesci, frutta e verdura, spezie) che negli anni hanno iniziato a scrivere una differente identità locale in grado di andare oltre la diffidenza che da sempre caratterizza la sua gente.

Quella del cibo, a Torino, è una storia che si intreccia dai romani ai nostri giorni grazie a un file rouge che ha attraversato secoli, guerre, ricostruzioni, lasciandosi “contaminare” sempre dal meglio di ogni epoca: che fossero le scoperte spagnole, la cucina francese, i prodotti di altre regioni o etnici poco importa. Del resto, il cibo, a Torino, è ovunque. All’interno di Musei e Regge (dalla collezione della Fondazione Accorsi alle cucine di Palazzo Reale), per le strade della città dove si celebra ancora il rito dell’aperitivo, nei Caffè storici per una tazza di Bicerin o di fumante cioccolata calda, durante i grandi eventi enogastronomici che negli anni hanno contraddistinto la vita cittadina (basti pensare a Terra Madre – Salone del Gusto, al rinnovato Salone del Vino o a Grapes in Town). Ma anche sulla collina dove si coltiva nella vigna urbana di Villa della Regina il Freisa, tra le tante gelaterie che servono coni e coppette in tutte le stagioni dell’anno, nelle botteghe del gusto e nelle gastronomie dove trovare salumi e formaggi, ma anche piatti della tradizione o la celebre pasta fresca con agnolotti e tajarin in cima alla lista e poi nei bistrot e nei ristoranti, nelle piove e nelle bocciofile, nelle pasticcerie dove è impossibile non imbattersi in bignole, mignon, salatini, paste secche, baci di dama.

Torino è città del cioccolato, dei gianduiotti, dei grissini, del vitello tonnato e della carne cruda, ma anche di pizza al tegamino, di cucine di strada, di ceviche e di dumplings, di Bagna Càoda da bere e di Gelato al parmigiano. Torino in questa sua aura regale e sabauda, visceralmente e orgogliosamente legata al suo passato gastronomico, è anche multietnica e racconta dunque di una cucina internazionale che fa parte della sua nuova identità.

Torino, forse senza accorgersene, nel voler mantenere stretta la sua nomea di città chiusa è, in realtà, dal punto di vista culinario più avanti di tante altre località italiane perché ha accolto il nuovo su basi solide, mai scalfite, e strettamente legate alla sua origine, alla sua storia e ai personaggi che l’hanno scritta. 

Sarah Scaparone