
Pasquale Palamaro è lo chef del Ristorante Indaco, unico stellato dell’isola di Ischia (Na). Ma non solo. Palamaro è infatti l’Execuive Chef dei tre ristoranti dell’Albergo della Regina Isabella di cui fa parte anche Indaco. Il locale, situato in una piccola baia, prende il nome dal colore delle acque in cui si bagna e si sviluppa tra una saletta coperta e la darsena circostante. Siamo a bordo mare, nel delizioso borgo di Lacco Ameno.
Proprio qui ho incontrato lo chef ischitano con cui, insieme ad altri colleghi, abbiamo collaborato per un piccolo contest dedicato al cibo e ai prodotti del territorio. Entrare nelle cucine del Regina Isabella, vedere la brigata al lavoro, osservare la forza di una squadra ti fa capire ogni volta quanto lavoro e quanta precisione ci siano dietro ogni piatto proposto.
Il contest è stata l’occasione per intervistare Pasquale Palamaro, per capire un po’ meglio quali sono le sue idee di cucina, cosa ama esprimere, in che modo racconta di sé all’interno di questo piccolo ristorante che si trova quasi fuori dal tempo, in un angolo di mondo senza eguali. Ecco cosa mi ha raccontato:

Come è nata la tua esperienza all’Indaco? Lavoro qui al Regina Isabella dal 2002, ho iniziato come sous chef del Ristorante Dolce Vita. Indaco è nato nel 2009 da una volontà comune mia e della proprietà: l’abbiamo “costruito” insieme, è parte di me.
Hai sempre lavorato molto all’estero: cosa hai imparato dalle tue esperienza fuori Italia? Ho sempre viaggiato molto nei mesi invernali, allontanandomi dalla mia isola per capire cosa il mondo del cibo avesse da esprimere e da comunicare oltre i nostri confini e continuo a farlo. Viaggiare è fonte di ispirazione, arricchisce la cultura, lo spirito, lo stile di vita, il modo di vedere le cose anche in cucina. Sicuramente nella mia permanenza a Tokio ho imparato il rispetto per la materia prima, ma devo tanto anche a molti colleghi italiani come Antonino Cannavacciuolo (l’amore per la cucina mediterranea), Anthony Genovese (l’uso delle spezie), Paolo Teverini (una cucina leggerissima, ipocalorica).
Quindi com’è la tua cucina? La mia cucina non si assaggia solo nel piatto. La mia cucina fa parte di un’esperienza che, come in un teatro, è rappresentata da molti attori che vanno dalla ricerca dei prodotti all’atmosfera, dai camerieri a come è apparecchiata la tavola: non solo Pasquale Palamaro è Indaco. Amo lavorare anche con l’illusione perché mi piace giocare nella riproduzione delle cose: un riccio che non è riccio, un pomodoro che non è pomodoro. Ma non solo. La mia cucina è priva di grassi: uso poco burro (prediligo quello di Normandia) e l’olio evo ischitano che acquisto da un piccolo produttore dell’isola, la Famiglia Federico Valentino.
Cosa significa essere uno chef stellato a casa propria, sull’isola dove sei nato? Un orgoglio grandissimo. Qui faccio quello che amo, amo il mio mestiere, la mia terra, sono felice. La mia però, ci tengo a dirlo, è una cucina cosmopolita, non esclusivamente della tradizione. Lavorando qui sei mesi all’anno se usassi solo i prodotti del territorio sarei in qualche modo “limitato” nelle mie proposte, vincolato a una piccola offerta. Amo invece contaminare anche i piatti della tradizione con elementi diversi che possono raccontare sapori nuovi come il nostro coniglio preparato con le alghe di Tokio, per esempio. Mi piacciono tantissimo i mercati, giro molto alla ricerca dei prodotti e sperimento, sempre.
Come si distingue la ristorazione nelle tre location del Regina Isabella? Questo è il mio primo anno da Executive Chef dell’intera struttura ed è un anno di passaggio in cui osservo e cerco di capire se e cosa cambiare per la prossima stagione. Il Dolce Vita è un locale più legato al passato, ad uno stile francese che oggi si vede sempre meno, mentre lo Sporting è il luogo dove mangiare velocemente, in modo equilibrato ma meno ricercato. Indaco è il luogo di tecnica e ricerca dove il 70 per cento della clientela è rappresentato da persone che non soggiornano nel nostro hotel, ma che vengono qui apposta per vivere un’esperienza a 360°.