Venissa, la Dorona e la vendemmia miracolosa a Venezia

La natura ti da il coraggio di andare avanti. Lo pensa Matteo Bisol che, insieme al padre Gianluca e alla famiglia, dal 2007 cura quel progetto di ospitalità chiamato Venissa. Siamo a Venezia, sull’isola di Mazzorbo, dove esattamente un anno fa le acque della laguna si sono alzate al loro livello più alto dal 1966 (anno in cui proprio questo fenomeno aveva portato alla perdita delle vigne veneziane), minacciando di distruggere il lavoro svolto per recuperare la quasi estinta Dorona, vitigno autoctono della Venezia Nativa. Ma la squadra che fa capo alla famiglia Bisol è riuscita a salvare la vigna dall’eccezionale acqua alta del mese di novembre 2019, vigna che a marzo ha ricominciato a germogliare. Nonostante i mesi piovosi di maggio e giugno, le eccellenti condizioni climatiche durante i mesi di maturazione insieme alla decisione di vendemmiare più tardi rispetto agli anni precedenti hanno portato a una maggior concentrazione e a una buccia più matura.

La suggestiva vendemmia della Dorona di Venissa effettuata con le barche

L’uva è stupenda – dichiara Bisol e non vedo l’ora di assaggiare il vino per vedere come la Dorona potrà esprimere questa annata, che potrebbe essere una delle migliori di sempreLa resilienza di questa vigna- prosegue – mi lascia senza parole, è stata una vendemmia che di certo non dimenticherò e dal punto di vista qualitativo sono sorpreso di quanto la natura possa dare il meglio di sé in queste situazioni. La resilienza della Dorona dimostra quanto la vigna sia sempre più in simbiosi con la laguna”. 

La Dorona, detta anche uva d’oro per il suo colore brillante, era molto apprezzata dai veneziani, veniva usata nei banchetti dei Dogi e ha una storia viticola che dura da oltre 2000 anni:  fino all’anno 1100 si ha la certezza che vi fossero vigneti in piazza San Marco, vigne che poi sono state estirpate per lasciare spazio ai palazzi che possiamo ammirare oggi. In laguna erano molte le isole dove si produceva vino fino a una cinquantina di anni fa, soprattutto nella Venezia Nativa che comprende le isole di Mazzorbo, Torcello e Burano. Si chiamava così perché era, e continua a essere, un arcipelago di natura, colori, sapori e arte  ed è in questa zona che la Dorona di Venezia si esprimeva al meglio: si tratta infatti di un vitigno autoctono a bacca bianca che si è adattato all’acqua alta e alle particolari condizioni di questo terroir unico al mondo. Nel 2002 Gianluca Bisol trova gli ultimi 88 esemplari, sparsi tra i giardini e le vigne di Venezia e da qui, dopo le prime microvinificazioni, nasce l’idea di reimpiantare questo vitigno che coltivato in laguna dona un nettare unico al mondo.

Il luogo ideale è sull’isola di Mazzorbo, nella tenuta Scarpa Volo, vigna murata e cantina per secoli, fino alla grande acqua alta del 1966. Qui la famiglia Bisol ha reimpiantato 4000 piante di Dorona (0,8 ettari e con parte della vigna a piede franco) che ogni anno danno vita a 3000 bottiglie; la vinificazione è curata da Desiderio Bisol e Roberto Cipresso, enologo con la passione per la storia della viticoltura, che ha pensato ad una lunga macerazione sulle bucce, pratica usata un tempo dai contadini, per ottenere un vino bianco con la struttura e la longevità di un rosso. Un vino bianco che estrae dalle bucce la sapidità e i sentori tipici di questo terroir unico al mondo, note di salsedine e miele di barena, artemisia marittima e pesca bianca. Nella vicina isola di Santa Cristina, la famiglia Bisol possiede un ulteriore vigneto di 2,85 ettari da cui produce Merlot e Cabertnet Sauvignon. L’isola di Santa Cristina è protetta da argini in terra, per questo l’acqua alta non entra; il sale arriva comunque con il vento, essendo il vigneto circondato dalla laguna. Proprio da questi vigneti vecchi di oltre 50 anni ha origine il Venissa Rosso dalle caratteristiche note olfattive di fiori di barena. Un discorso a parte merita l’oggetto bottiglia che, da mezzo litro, ne sottolinea una produzione limitata, ma anche l’unicità. La bottiglia omaggia infatti il passato di Venezia, rendendo onore a tre tradizioni locali: il vino, l’oro e il vetro. L’ispirazione è avvenuta in modo immediato, per associazione di idee e assonanza a partire dal nome del vitigno, la Dorona, l’uva d’oro. Una delle maggiori tradizioni dell’artigianato veneziano è infatti quella dei Battiloro, famiglie che battono l’oro a mano, fino a creare delle impalpabili foglie d’oro. Una tradizione che, come quella vitivinicola, era quasi scomparsa da Venezia: degli oltre trecento battiloro di un tempo ne rimane soltanto uno, la famiglia Berta Battiloro da cui nascono le etichette di queste pregiate bottiglie. Oltre a Venissa, da maggio di quest’anno è in commercio  il Venusa, nuovo bianco lagunare caratterizzato da grande freschezza e mineralità. Venusa nasce da una macerazione di pochi giorni, una settimana o dieci al massimo e si affina per due anni in botti di cemento: “Il vino della laguna lascia sempre il segno – racconta Bisole vogliamo che questo possa essere un prodotto alla portata di tutti. Ci piacerebbe entrasse nelle case e nei ristoranti dei veneziani come giusto abbinamento con i piatti della tradizione locale“. Ma non è tutto. Nella pace della vigna murata di Mazzorbo si trovano il Ristorante Venissa (1 stella Michelin dal 2012) e l’Osteria Contemporanea, entrambi affidati al talento di Chiara Pavan e Francesco Brutto, oltre al Wine Resort con cinque camere intime e un albergo diffuso sull’isola di Burano.

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