Crocevia di traffici commerciali sin dall’antichità, suddiviso tra pianura, collina e montagna, il Piacentino offre un’enogastronomia variegata, con influenze piemontesi, lombarde e liguri.
Il tradizionale antipasto piacentino è composto dai salumi del territorio. Tra questi, risaltano i grandi classici, la coppa piacentina, prodotta con il muscolo del collo del maiale, conciata con sale, pepe, cannella, spezie, e insaccata nella vescica del maiale o nell’intestino del manzo, la pancetta, dal colore rosso acceso in contrasto con il bianco della parte grassa, e il salame piacentino, ma anche prodotti di nicchia come la Mariola Cruda Piacentina, tipica dell’Alta Valnure, insaccato crudo stagionato di maiale che deve il nome alla mariöla, in piacentino l’intestino cieco del suino, usato per insaccare le carni lavorate, e il Culatello piacentino, affine a quello Dop parmense di Zibello.
Assaggiateli all’Antica Locanda del Falco a Rivalta di Gazzola, borgo d’aspetto medioevale sorto attorno al castello Zanardi-Landi, costruito su una scarpata a dominio del Trebbia e della strada per la Liguria. Qui i salumi sono serviti con la giardiniera, selezione di verdure sott’olio, ma secondo tradizione li si può anche accompagnare con la burtleina (Bortellina), frittella a base di farina e/o uova talora insaporita con il bavaron, cipollotto, con il batarò della Val Tidone, impastato con farina di frumento e di mais, e il chisulén, chisolino, tipico del nord-est piacentino, affine al gnocco fritto.

Tra i primi, spiccano i Pisarei e fasò, la cui origine contadina si rivela nell’impiego del pane raffermo, unito a farina e acqua per ricavarvi un impasto a forma di piccolo gnocco, e nell’uso di ingredienti derivati dalla macellazione del maiale, cotiche, salsiccia luganga o lardo pesto. Due i componenti: i pisarei, gnocchetti ottenuti schiacciando le strisce di pasta (da qui la duplice ipotesi sull’origine del nome, dallo spagnolo pisar, schiacciare, o dal piacentino bissa, biscia, per la forma delle strisce), e i fasò, fagioli, lasciati in ammollo per un giorno e poi fatti cuocere in un soffritto di burro, lardo, verdure tritate, salsiccia. Tipiche sono poi le paste ripiene, in particolare gli Anvëin, Anolini, che, nella versione del ristorante Vecchia Piacenza, prevedono nel ripieno lo stracotto di manzo aromatizzato con noce moscata mentre il brodo dev’essere in terza, cioè cappone o gallina, manzo e vitello (traversino). Gli anolini di Piacenza, imparentati con gli agnolotti piemontesi, devono forse il nome allo strumento a forma di anello, anulus, usato per tagliare l’impasto, mentre altri ne ricercano l’origine nel vocabolo tardo-latino agnulus, agnello, carne un tempo impiegata nel ripieno, e vanno tenuti distinti da quelli del Parmense, dove, specialmente nella Bassa, la farcitura è con Parmigiano, uova, pangrattato.
Tra i secondi, oltre alle carne bovina, con cui si preparano i tradizionali Stracotto di manzo e Tasca di vitello, si rileva una certa abitudine alla carne di cavallo che, macinata, cotta in umido e insaporita con verdure e spezie, dà origine alla Pìcula ad Caval, letteralmente razione di cavallo, ideale per accompagnare la polenta, e la presenza di piatti con carne di maiale, come la coppa arrosto, coniglio, oca, agnello, anatra.
Tipiche di Bobbio, cittadina d’impianto medioevale che fu centro monastico d’importanza europea, appartenuta agli Stati Sabaudi dal 1746, sono le lumache, abbondanti nei boschi appenninici, mentre, tra i pesci d’acqua dolce, sono da segnalare gli stricc’ o lasche, pesciolini del Po serviti in carpione, e l’anguilla in umido. Diffuso il consumo di insalate miste, con il songino selvatico in primavera, insaporite con l’aggiunta di ingredienti come uova sode e cipollotti, mentre il peperone è protagonista nella Rustisana, la peperonata piacentina, cui si possono aggiungere carne trita bovina e uova.
Tra i dolci ricordiamo la Ciambella piacentina, detta Buslàn, il Salame di cioccolato, i biscotti tipici di Piacenza, detti Buslanein, ciambelline, aromatizzati al limone.

Importante è poi la produzione vinicola, concentrata in Val Tidone, Val Trebbia, Val Nure, Val d’Arda, caratterizzata per tradizione dal gusto per i vini vivaci e frizzanti. I vitigni più diffusi sono la Barbera, vinificata in purezza oppure in assemblaggio con la Croatina, qui nota come Bonarda, per ricavarvi il vino Gutturnio, dal latino Gutturnium, coppa d’argento usata dai Romani. Tra i vitigni a bacca bianca spicca l’Ortrugo, dal piacentino altruga, cioè altra uva, a designare una varietà un tempo usata come uva da taglio e oggi vinificata anche in purezza, e la Malvasia di Candia aromatica, attestata nel Piacentino dal 1813, il cui nome deriva dalla località greca di Monemvasia, un tempo porto d’imbarco delle uve dirette in Europa.
Degna conclusione d’un pasto sarà infine un sorso di Bargnolino, liquore ottenuto dall’infusione alcolica di bacche di prugnolo selvatico, dette bargnò.
Paolo Barosso
Una replica a “Viaggio nel Piacentino, tra Po e valli appenniniche”
Paesaggi ameni e gastronomia eccellente. Uno splendido connubio 🙂
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