In Piemonte l’agnolotto è il re della festa

In Piemonte è una vera tradizione. Rappresenta il piatto della festa, della domenica, della famiglia, della memoria. È l’agnolotto, raviolo o plin che dir si voglia. È quella pasta ripiena di sapori di altri tempi che si faceva in casa per Natale, che si stendeva su canovacci infarinati, era contata per dozzine e condita con sugo d’arrosto o con burro e salvia. Una volta la preparavano a mano anche nei ristoranti chiedendo aiuto alle donne del paese perché da soli in cucina non si riusciva a produrne le quantità necessarie. E così le persone si mobilitavano e anche il lavoro diventava una festa. Oggi la sua poesia permane, seppur offuscata dall’utilizzo di strumenti che hanno sostituito le braccia di tante donne più e meno giovani. Infatti c’è chi organizza delle vere e proprie disfide in cui mettere a confronto raviòle contro plin. E così si può dedurre che la tradizione sia talmente radicata in queste terre da divenire addirittura una filosofia di vita.

agnolotti
Foto tratta da atnews.it

Diffusi soprattutto nel torinese, nell’astigiano e nell’alessandrino assumono forme e ripieni differenti a seconda della zona di produzione: più grandi e quadrati o rettangolari nel Monferrato e del plin, che in piemontese significa pizzicotto e rappresenta il gesto di sigillare il ripieno all’interno della pasta, nelle Langhe e nell’astigiano.

Gli agnolotti, definiti da Pellegrino Artusi “tortellini all’italiana”, hanno una forma quadrata ed i bordi dentellati. Alcuni dicono che il loro nome derivi da quello di un cuoco monferrino che si chiamava Angelotu, Angelòto, il cui piat d’Angelòt sarebbe diventato Agnolot. Ma difficile e numerosa è l’etimologia di questo primo che è anche femmina, poiché nei dintorni di Canelli il raviolo diventa la raviòla derivando il nome da un arcaico ravita o graviola che significherebbe donna incinta. C’è poi chi sostiene che il nome nascerebbe dal suo ripieno originario, ossia carne di agnello.

Ma è curioso parlare anche delle forma originale di questo piatto: inizialmente rotonda, veniva forgiata dal ferro anulòt, da cui forse prese anche il nome, adoperato una volta per conferirgli le sembianze di un anello, poi divenne grossa e quadrata, tagliata a mano con la rotella e da allora la gente lo chiamò “il gobbo”. In ogni caso oggi si tratta di quadrati di pasta, più o meno grandi, che racchiudono al loro interno carne, uova, parmigiano e aromi. Una volta si usava farcirli con gli avanzi delle carni del giorno prima, poi nel tempo si scelse di usare carni sempre migliori. Nelle Langhe amano prepararli con l’arrosto di bue, nel Monferrato con il brasato di manzo o lo stufato d’asino, ma c’è anche chi, per renderli più gustosi, utilizza per lo stesso ripieno carni differenti. Normalmente cotti nel brodo e serviti asciutti, sono conditi ancora oggi con sugo di carne o abbondante burro e salvia.

Per fugare ogni dubbio è bene leggere cosa scriveva il Dizionario dell’Accademia della Crusca già nel Settecento stilando una vera e propria differenza tra agnolotto e raviolo: più ricco di carne e uovo il primo, più ricco di erbe e formaggio il secondo. Come dire: è tutta una questione di ripieno.

10 risposte a “In Piemonte l’agnolotto è il re della festa”

  1. Ti prego di credermi …
    tanti anni fa’ nell’astigiano in un agriturismo (purtroppo ho dimenticato il nome ) degustato i PLIN in sugo di arrosto ..NON POTRO’ MAI DIMENTICARE IL SAPORE … tant’e’ che ogni tanto oso riproporre il mio Tortellino in questa formula ..ma mi risulta troppo saporito . Quello gustato in piemonte era di un equlibrio perfetto …ho gustato oggi il tuo articolo e ho ritrovato quel sapore ..bene hai fatto a precisare “e’ tutta una questione di ripieno ” brava Sarah “.

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    • Beh, se restiamo in tema di cibo ci sono tanti piatti che mi fanno aspettare Natale… Anche solo i biscotti di Natale, quelli che ho imparato a fare in Germania: semplici ma buonissimi. Complimenti per il blog Fabrizio e piacere di conoscerti!

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